Dalla pagina FB di Valentina “Valediba”

Mi ero ripromessa di non scrivere del coronavirus. Ma in questi giorni leggo commenti e pensieri che mi lasciano perplessa. Alla preoccupazione per la situazione che stiamo vivendo tutti, nessuno escluso, si aggiunge quella per l’ignoranza che troppo spesso leggo.

Questa guerra non lascia spazio agli armistizi e ai trattati di pace. Il mondo non ne uscirà vittorioso, comunque. L’Italia, l’Europa, l’America, sono chiamate alla Resistenza e questo Noi lo stiamo facendo. Noi, magari a tratti in maniera maldestra, in modo “italiano”, forse per tentativi ed errori, ma innegabilmente con tutto il sangue e la passione che ci appartengono (avete presente l’Inter?! Ecco, anche un po’ così). E meritiamo di amarci sempre, di venirne fuori, ammaccati ma salvi.

Questa guerra ci cambierà tutti, nessuno escluso. E allora spero che cambi l’arroganza di quelli che si permettono di criticare il sistema, il metodo, le decisioni, ma soprattutto il lavoro di chi lo sta facendo (non loro!), …senza conoscere neanche le regole della grammatica italiana (allora meglio non rischiare, dai: evitate di scrivere, non siete credibili e siete anche un po’ ridicoli!) …spero che cambi la presunzione dei tuttologi che pubblicano senza sosta i numeri dei contagi, dei morti, dei positivi, e che sanno esattamente cosa bisogna e cosa non bisogna fare (l’ibuprofene, per esempio, che peggiora il virus… sapete cos’è l’ibuprofene e in che farmaci si trova??!!) …spero che cambi la stupidità di quelli che sanno tutto senza sapere niente …spero che cambi la vanità di tutti quelli che si sentono influencer, tutti i giorni, più e più volte al giorno …spero che cambi la disillusione di quanti criticano chi prega (dite, voi, allora cosa possiamo fare di utile, di concreto, a parte #stareacasa -cfr gli influencer di cui sopra-?!) …spero che cambi la banalità, la pochezza, la rigidità, la mediocrità.

Questa guerra fa paura. E bisogna averne di paura, e anche tanta, perché “non c’è coraggio senza paura” (cfr Martino Sacchi ); perché la paura, dicono gli psicologi, quelli dei libri, è adattiva, ti serve per capire, per difenderti, per scappare, ma soprattutto ti serve per reagire (magari anche un po’ di intelligenza, di buon senso, di ragionevolezza e di consapevolezza non guastano!). E bisogna avere sensibilità, comprensione, e bisogna provare compassione (quella buona compassione) ed essere umili. L’umiltà, questa sconosciuta per molti, di abbassare la testa e ammettere di essere uno tra tanti, uguale a tutti gli altri, debole, fragile e impotente davanti a tanta potenza, a tanta implacabilità.

Questa guerra non perdona tutti, non ha perdonato già troppi.

Questa guerra farà paura anche quando sarà finita. Avremo paura di avvicinarci alle persone e guarderemo tutti come una minaccia, prima che come un’opportunità; prenderemo un aereo con l’ansia per il viaggio, per il nostro vicino di posto (chissenefrega se sarà un bambino che piange tutto il tempo: meglio lui di una signora a modo che tossisce un paio di volte o che non riuscirà a trattenere uno starnuto. L’avreste mai detto?!), prima che con l’entusiasmo per la curiosità del luogo che stiamo per vedere o rivedere; sceglieremo la prima fila del cinema perché è quella sempre vuota (insieme alla seconda e alla terza); poche cene fuori casa, a ballare e cantare in casa e sotto la doccia, le partite in tv a casa (“che bello era, quando lo stadio era pieno…”), i concerti -i miei concerti-… a cui dovremo rinunciare quest’estate, e come si farà ad andare al mare a Tropea in agosto (avete presente la spiaggia di Tropea in agosto?!), o, sempre per gli influencer di cui sopra, a Ibiza quando finiscono (dovevano finire) i campionati e la champions…?!

Questa guerra cambierà me.
In queste settimane, ho avuto il magone vedendo le immagini di una Milano deserta, surreale, vedendo le immagini dell’Italia con i tricolori al vento, sulle note dell’inno nazionale, di Adriano che canta del cielo azzurro, del silenzio… vedendo le immagini dell’ “Italia dei balconi”(così l’hanno chiamata), vedendo mia nonna sul balcone a cantare “Volare”, senza capire troppo bene in realtà quello che sta succedendo (lei che la guerra, quella delle armi, l’ha vissuta). Perché l’Italia e gli Italiani sono belli e sono fighi. E se lo meritano di cantare! E questo cantare, questa musica non li ho trovati mai irrispettosi della sofferenza, mai indifferenti alla morte, mai sprezzanti del pericolo, mai.
In queste settimane, oltre che in televisione, ho visto da vicino (ma per fortuna di traverso) quello che è capace di fare questo virus. Ho sentito un’amica disarmata, incredula, per aver perso suo padre in un lampo. E per non averlo visto più (più.), appena dopo aver varcato la soglia di casa. Ho visto mio papà disarmato, incredulo, alla notizia della morte del suo amico di infanzia. Ho sentito il silenzio, quella sera, in casa mia. Un silenzio che ha fatto un rumore fortissimo, dentro.
In queste settimane ho paura. Stimo e apprezzo molto i colleghi terapeuti che offrono il loro supporto e mettono a disposizione la nostra professionalità a titolo gratuito a chi ne sente il bisogno. Io non me la sento, non sono preparata e probabilmente neanche sufficientemente lucida per fare bene il mio lavoro, proprio sulla paura che ci sta mettendo tutti in ginocchio (chi sta male, ahimè, è già sdraiato). Me ne rammarico, ma faccio un passo indietro.

Questa guerra cambierà anche me.
Non sono mai stata una di troppi baci e abbracci dati. Pazzesco, perché è stato sempre per paura, che non l’ho fatto. Ho sbagliato. Quelli a cui voglio bene meritano di saperlo, meritano di essere abbracciati e baciati, e toccati. E io merito lo stesso. Ci meritiamo di sentirci il profumo l’uno dell’altro, di stringerci le mani (anche per presentarmi a uno molto figo, eventualmente!), di assaggiare quello che prende l’altro al ristorante dal suo piatto; ci meritiamo di guardarci negli occhi e di stare vicini sul divano. Ci meritiamo di stare vicini. Di stare insieme. …Oh, ma mica tutti, eh!!! Perché poi, chi mi stava sulle palle prima del coronavirus, mi starà sulle palle anche dopo, anzi ancora di più (chiarisco, nel caso aveste il dubbio che il virus mi cambi così radicalmente su certi miei punti fermi). Questa foto è uno degli abbracci più belli della mia vita. Ne voglio ancora, ancora tanti e belli stretti. Ricordatevelo, quando ci vediamo!
Mi è sempre piaciuto, soprattutto negli ultimi anni, stare a casa mia, mangiare a casa mia. Non mi annoio a casa mia. Ma penso che la prima cosa che farò quando ci diranno “che la guerra è finita” -“il nemico è scappato, è vinto, è battuto”, e “torneremo ancora a cantare”-…sarà andare a vedere il mare, con Lucio Battisti (…il mio canto libero, …come può uno scoglio arginare il mare, …il tempo di vivere con te, …l’acqua verde, le rocce, il bianco fondo,… acqua azzurra acqua chiara…) a palla in macchina.

Questo sì, andare a vedere il mare.

Valentina

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