È uno dei più interessanti articoli di questi tempi sulla professione insegnante. Spero che il Corriere non mi farà causa se lo rendo disponibile ai colleghi… il testo è il fondo, il link porta a un file pdf.
“Tutte le riforme che si sono susseguite negli anni portano a questo modello di scuola che potremmo definire confindustriale, e sono sempre state concepite in modo ossessivo contro gli insegnanti, considerati portatori di un sapere vecchio e inutile, non aggiornati, e additati come ultimi depositari di privilegi ingiustificati. La conseguenza è un’istruzione lasciata al mercato, alle risorse dei singoli. La famiglia abbiente del Meridione spedisce il figlio a Milano, mentre la famiglia milanese lo manda a Londra. Vince chi ha la possibilità di comprare una scuola migliore.” Così dice Scotto di Luzio, docente di Storia delle istituzioni scolastiche a Bergamo.
Confesso che non mi piace la tesi “complottista” secondo cui ci sarebbe un “oscuro disegno” della Confindustria per distruggere la scuola italiana. Non mi piace soprattutto perché, studiando un po’ storia, penso che le teorie complottiste, in generale, siano solo dei bias, delle scorciatoie automatiche per risparmiarsi la fatica delle analisi.
Tuttavia ammetto che davanti a certe esternazioni (come il dirigente Confindustria che a Cuneo invita i giovani a iscriversi agli Istituti tecnici invece che ai licei se vogliono trovare lavoro) sto cominciando a cambiare idea. Credere che la scuola serva solo a preparare per il lavoro significa metterla al servizio del sistema capitalistico (o, se volete, del sistema industriale): il che ha senso (anche Prodi, in una intervista di tanto tempo fa, esaltava sognante il bel tempo andato dove ogni paesello aveva il suo istituto tecnico dove andavano tutti e si preparavano per andare nella fabbrica del paese), ma ad alcune condizioni.
Prima di tutto che si riconosca che il sistema dei licei NON debba preparare immediatamene per il mondo del lavoro; e poi, che anche negli istituti tecnici deve esserci una forte componente non dico umanista, ma almeno storica e sociale, che permetta come minimo agli studenti di affrontare il braccio di ferro con i datori di lavoro con la consapevolezza dei propri diritti minimi.
È vero, la potenza industriale della Germania è nata nel XIX secolo grazie alle Hochschule che sfornavano tecnici per le nascenti industrie: ma adesso siamo nel XXI secolo, i tecnici che ci servono sono diversi. E soprattutto, devono essere in grado di resistere alla pressione ricattatoria di chi li costringe a lavorare per poche centinaia di euro al mese (se va bene).