Devo a Massimo Gaggi sul Corriere della Sera di oggi (24 novembre 2023) la riflessione più interessante della giornata. Il testo di Gaggi infatti compie lo sforzo di inquadrare le vicende di OpenAi sullo sfondo della storia di Internet, che pur essendo breve comincia a contare numerosi capitoli che si ramificano in molte direzioni. Come sempre, non si può comprendere il presente senza conoscere il passato.
Internet, dice Gaggi, ha conosciuto tre grandi utopie:
- la prima è “quella della democrazia internettiana proclamata all’alba del web da John Perry Barlow col suo celebre manifesto: la Dichiarazione di Indipendenza del Cyberspazio (1996)”
- la seconda è “l’idea di Google, Facebook e altri che bastasse diffondere reti sociali e motori di ricerca per renderci esseri umani migliori”.
- la terza è, appunto, la cosiddetta “intelligenza artificiale” (anche se ormai è chiaro che non è una “vera” intelligenza”
Le prime due sono finite male: Barlow e gli altri intellettuali della sinistra liberal americana volevano un Internet libero dalle pressioni politiche e dalle leggi economiche, pensandolo come una sorta di “terra promessa” in cui l’umanità avrebbe ricominciato una vita nuova e migliore. Il sogno si è infranto rapidamente quando le aziende hanno capito che in rete si potevano fare soldi, molti soldi attraverso il controllo dei dati delle persone reali che in rete andavano per cercare le cose più diverse. Da questo punto di vista la storia di due personaggi fondamentali come Bill Gates e Steve Jobs è esemplare: entrambi partono con tanti ideali e tante idee di uguaglianza salvo poi rapidamente trasformare queste idee in business, spremendo ogni centesimo possibile dal pubblico in ogni modo possibile.
La seconda utopia nasce dall’idea che la semplice moltiplicazione delle relazioni umane, il semplice accesso di massa alle informazioni avrebbe creato il Mondo Migliore, in cui tutti avrebbero potuto sviluppare la propria personalità e i propri desideri migliori (a dire il vero, questa seconda utopia nasceva già meno scintillante della prima, se è vera la leggenda metropolitana secondo cui Facebook sarebbe nato inizialmente dal desiderio di Zuckerberg di stilare classifiche condivise sulle ragazze del campus). In ogni caso, non sono i desideri migliori dell’umanità quelli che sono venuti alla luce con i motori di ricerca e con i social, o almeno non solo quelli, e noi siamo stati travolti dallo tsunami quotidiano delle shitstorms contro i primi bersagli utili.
“Non c’è due senza tre”
Questo diceva mia nonna e questo è quello che sembra pensare anche Gaggi quando scrive:
la promessa di Altman di sviluppare, senza regole esterne, un’intelligenza artificiale «a beneficio di tutta l’umanità» perché creata da una società senza azionisti e senza profitti, «di proprietà dei cittadini del mondo», è la terza utopia dell’era digitale
Basterà sedersi sulla riva del fiume per vedere passare il suo cadavere? Anche senza essere così pessimisti, l’esperienza degli ultimi trent’anni deve insegnarci di essere per lo meno cauti nel coltivare le nostre speranze.