Ieri sono stato colpito da una intuizione fulminante: di tutto quello che ho pubblicato sul web non resterà assolutamente nulla.
Il grande poeta latino Orazio scriveva attorno al 23 a.C., riferendosi alla sua poesia: «ho costruito un monumento che durerà più del bronzo (Aere perennius)» (Odi III, 30, 1)
Io che scrivo nel cloud non avrò questa consolazione, non certo per un misterioso motivo metafisico ma per una questione molto pragmatica: prima o poi l’abbonamento al mio host non verrà più pagato.
Certo, io posso organizzare le cose in modo da garantire un prelievo automatico sul mio conto corrente anche se fossi malato di Alzheimer, ma prima o poi anche quel conto corrente verrà chiuso. Per qualche tempo il mio host manterrà in vita i testi che ho scritto, ma poi staccherà la spina, in una sorta di eutanasia informatica guidata dalla pura legge capitalistica del guadagno a ogni costo.
Se per quel momento non avrò fatto qualcosa, di tutto quello che ho prodotto nel corso di tutta la mia vita non resterà nemmeno cenere, quella cenere fumante che una volta testimoniava la presenza di una città data alle fiamme dall’esercito vincitore.
E anche se l’host non mi cancellasse volontariamente, prima o poi cesserà lui stesso di esistere. Il risultato finale dal mio punto di vista sarebbe lo stesso: niente di me sopravviverebbe.
Non agitatevi, non protestando dicendo: No, con questa o quest’altra piattaforma sarà diverso, non faremo la fine di Splinder (per esempio). Io sto ragionando in una prospettiva di secoli, o almeno molti, molti decenni, e su questa scala temporale è inevitabile che le società si dissolvano «like dust in the wind».
Ma se anche l’host sopravvivesse a tempo indefinito, resterebbe ancora un problema tecnico. Quando ho iniziato a usare i primi computer, salvavo i miei dati su floppy disk flessibili da 5 pollici, che erano nati nel 1976. Poi sono arrivati i floppy disk da tre pollici (ufficialmente comparsi nel 1984), e sembrava un gran passo avanti. Ma c’erano già i CD (1982) e un decennio dopo sarebbero arrivati i DVD (1995): sembrava di essere nel futuro. Quindi sono arrivate le chiavette con la memoria allo stato solido (1999), e poi la Rete e la possibilità di salvare i contenuti nel cloud. L’accelerazione di queste tecnologia è così evidente che nessuno può dire cosa ci sarà tra cent’anni, nel 2124.
Ogni volta che cambiava il supporto i vecchi device diventavano obsoleti e andavano cambiati: se i contenuti non venivano trascritti andavano persi.
Per questo dico che prima o poi tutto quello che ho scritto svanirà nel nulla. Tra cent’anni, ma in realtà molto prima, nulla conserverà la mia memoria.
Io invece ho davanti agli occhi un libro scritto nel 1660 da un oscuro frate agostiniano, Sebastiano Ammiano. È un testo decisamente minore, dedicato ai vizi e alle virtù cristiane, che nessuno si è preoccupato di ristampare (e probabilmente nemmeno di leggere) da secoli: eppure eccolo qui, davanti a me, a oltre 364 anni dalla sua creazione. Sia pure con fatica, potrei leggerlo senza l’aiuto di nessuno.
Naturalmente, con questo documento realizzato a stampa con il concorso di almeno una mezza dozzina persona oltre tre secoli fa non ho nessuno dei vantaggio che lavorando sul un testo elettronico come sto facendo adesso. Non è facile copiarlo, non è facile diffonderlo, non è nemmeno facile leggerlo. Però a quanto pare resiste molto meglio all’usura del tempo. Direi anzi che sembra esistere una correlazione di proporzionalità inversa tra la permanenza di un messaggio e la possibilità di scriverlo e poi di modificarlo: più una informazione è stabile meno è modificabile, e viceversa.
In effetti i messaggi che sono arrivati a noi dal passato più lontano sono quelli incisi nella pietra dei monumenti dell’antico Egitto:
Cosa si può ricavare da questa riflessione un po’ triste?
In questo preciso momento i testi che hanno le maggiori probabilità di sopravvivermi sono i libri che ho pubblicato in modo tradizionale e che sono conservati nella biblioteca della Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
In effetti non sono certo un autore famoso e questi libri ben difficilmente verranno ristampati.
Quello che posso ragionevolmente fare è realizzare una antologia dei testi cui tengo di più, realizzarne una decina di copie in print-on-demand e poi regalarle a qualche biblioteca pubblica, come se fossero messaggi in bottiglia affidati alle onde del tempo.
E voi, cosa contate di fare?