Uno degli autori più profondi e interessanti nel campo della filosofia antica (ma forse della filosofia tout-court) è Pierre Hadot. Nel suo La felicità degli antichi (Raffaele Cortina editore), scrive:
Il problema fondamentale dell’interpretazione degli autori filosofici antichi stia [in questo]. Ritenevano essi che il compito essenziale della filosofia fosse redigere scritti che esponessero un sistema concettuale?
In primo luogo: il compito principale della filosofia era redigere uno scritto? … In apparenza, questa affermazione basta a se stessa. Come conosceremmo il pensiero dei filosofi dell’Antichità senza i loro scritti?
Ma l’errore, mi pare, sta appunto nel rappresentarsi lo scritto filosofico antico sul modello dello scritto filosofico moderno; anzitutto e in generale, infatti, questi due tipi di scritti sono estremamente diversi. Come ha affermato il linguista A. Meilet: “L’impressione di lentezza data dalle opere letterarie antiche deriva dal fatto che esse erano fatte per una lettura orale”.
Si potrebbe dire che lo scritto antico ha sempre, più o meno, una dimensione orale. A maggior ragione, lo scritto filosofico antico aveva un rapporto stretto con l’oralità; esso è sempre legato, in un modo o nell’altro, a pratiche orali, sia che, come in Platone o in molti altri dialoghi dell’Antichità, cerchi di dare al lettore l’illusione di partecipare a un avvenimento orale, sia che, in generale, sia destinato a una pubblica lettura.
Lo scritto non è scritto al fine della scrittura in sé, ma è soltanto un punto di riferimento concreto per una parola destinata a ridiventare parola, come oggi il disco o la cassetta altro non sono che un intermediario tra due avvenimenti: la registrazione e il riascolto. Alla simultaneità spaziale dell’opera scritta moderna si contrappone la successione temporale della parola antica, messa per iscritto. Lo scritto filosofico moderno assomiglia a un monumento architettonico, nel quale tutte le parti coesistono: si può andare dall’una all’altra per verificarne la coerenza. Al contrario, l’opera filosofica antica assomiglia piuttosto a un’esecuzione musicale, che procede per temi e variazioni.
È chiaro che quello che è in gioco è il senso stesso del “fare filosofia”.