L’omicidio di Giulia ha scatenato e sta scatenando una enorme ondata emotiva che, temo, sarà inutile come le altre.
Tuttavia qualcosa forse si muove. Devo alla collega Raffaella Caluri la segnalazione di un articolo di xxx in cui si legge:
al maschio non interessa il parere della donna, vuole l’approvazione dei maschi
Da tempo vado ripetendo nelle classi che l’identità maschile più di quella femminile deve essere creata e plasmata: tutte le culture avevano un “rito di passaggio” che i maschi dovevano superare per poter essere ammessi nel gruppo dei maschi adulti della comunità. Le femmine non hanno bisogno di un rito socialmente formalizzato perché è inscritto nella natura del loro corpo, col menarca prima le mestruazioni poi. I maschi non hanno questa prova costante dell’essere maschi (le polluzioni notturne sono incerte e vaghe, anche se esistono) e devono costruirla sul piano sociale degli sguardi interpersonali. ù
Tutti diventiamo noi stessi attraverso lo sguardo di un altro, e questo è più vero ancora per i maschi adolescenti. Lo sguardo del padre, ovviamente, viene per primo; poi a partire da un certo momento vengono gli sguardi degli altri pari maschi (il gruppo, come si dice: potenziale incubatore del branco).
Perciò nel discorso pubblico che si sta andando formando in questi giorni manca un tassello chiave: la responsabilità dei maschi adulti nei confronti dei maschi adolescenti nel percorso della loro formazione.
Per cui non è vero che “non si può fare nulla”. Si sente dire per l’ennesima volta che il percorso deve passare per la scuola, sempre più ricettatolo e specchio di tutte le incapacità sociali: ma forse bisognerebbe partire dagli ambienti esclusivamente maschili dove gli sguardi incrociati si rafforzano.
Sto pensando per primi agli ambienti delle squadre di calcio e pallacanestro giovanili o addirittura pulcini e alle palestre, ma naturalmente ce ne saranno altri.
Il senso è: andiamo a intervenire là dove si forma l’identità attraverso lo sguardo dell’altro, ovunque l’adolescente, per qualunque motivo, è esposto allo sguardo dell’altro maschio e sente di dovergli rispondere con un comportamento che – ovviamente – chiede di essere approvato e che lo sarà solo se è conforme a quanto il gruppo prevede.
Chissà se dalle statistiche può emergere una correlazione tra queste esperienze e gli atti di violenza sulle donne. Al momento non lo so e non voglio tirare a indovinare.