Hegel rappresenta forse il massimo sforzo nella storia della filosofia per creare un «sistema» filosofico, ossia una costruzione filosofica che affronti ogni aspetto della realtà e lo inquadri all’interno di una visione unitaria ricavata da un piccolo numero di principi o addirittura da un solo principio. Nel caso di Hegel questo principio è la dialettica, che governa ogni aspetto del reale.
In effetti l’epoca in cui vive questo pensatore è l’ultima nella quale un uomo colto può avere l’ambizione di conoscere tutto il sapere, almeno a grandi linee: appena pochi decenni più tardi lo sviluppo delle scienze renderà indispensabile una specializzazione sempre più spinta e quindi il progetto di un sapere universale organizzato attorno ad un unico principio diventerà utopistico.
Da questo punto di vista Hegel rappresenta senz’altro un punto di svolta nella storia della filosofia occidentale: il suo pensiero è stato interpretato dai suoi contemporanei come «la» filosofia, e i pensatori che sono venuti dopo di lui si sono sentiti costretti a inventare nuovi modi di pensare, «superando» in questo modo la filosofia stessa (incarnata appunto da Hegel).
Il secondo aspetto per cui Hegel è importante è il fatto che il suo pensiero rappresenta la forma più articolata e consapevole di panteismo, ossia quella concezione per la quale l’Assoluto (o Dio, se si vuole) coincide con il mondo.
A differenza degli altri panteismi della filosofia occidentale, quello stoico, per esempio, o quello di Spinoza, che identificavano Dio rispettivamente con il Logos o con la Natura, in Hegel l’Assoluto viene identificato nella Storia. Questo cambia anche la concezione di Assoluto: esso infatti è Spirito (in tedesco: Geist [pronuncia: gaist]), inteso come attività e non come una sostanza statica. Esso non è qualcosa che esiste prima del mondo e di cui il mondo sarebbe una copia o una manifestazione o il prodotto. Al contrario il Geist hegeliano non esiste pienamente all’inizio del processo, anzi in un certo senso non esiste affatto: esso, dice Hegel, deve «diventare se stesso», ossia è qualcosa che esiste solo come flusso e trasformazione ed esisterà pienamente solo al termine del processo dialettico (cioè appunto della storia).
Con questo arriviamo al terzo aspetto per cui Hegel è importante: questo filosofo introduce una particolare concezione dell’idea di progresso che avrà una grande influenza sulla cultura europea successiva. Lo sviluppo del Geist verso la propria piena autorealizzazione infatti è qualcosa di necessario e questo significa che la storia nel suo complesso è un progresso ineluttabile verso un fine (e una fine) positivi. Il suo progredire tuttavia non è lineare: la dialettica infatti, ossia la legge suprema dello sviluppo della realtà, impone ciclicamente dei momenti negativi che devono essere affrontati e superati per poter raggiungere il livello superiore. Non è possibile né per il singolo né per l’universo stesso evitarli: essi devono perfino essere voluti e desiderati, perché solo così il Geist può crescere e diventare quello che deve essere.
In questo processo un passaggio chiave è rappresentato dallo Stato, che secondo Hegel è la forma più compiuta e autentica nella quale il Geist si possa realizzare nella storia. Una intera corrente di filosofia del diritto trova in questa intuizione la sua radice ultima. Ma non solo: la storia infatti è scontro tra stati, e secondo Hegel è lo stato prussiano, dopo la vittoria su Napoleone a Waterloo, ad aver meritato la «fiaccola dello spirito» ed essere quindi destinato a guidare il mondo.
Secondo Hegel, infine, la legge fondamentale dell’Assoluto, la dialettica, deve valere anche per la singola coscienza: esiste cioè una sorta di parallelismo tra il Geist e la coscienza individuale. Alcune delle analisi di Hegel sulle dinamiche della coscienza rimangono tra le pagine più profonde e significative della filosofia in ogni tempo.
da: Il filo di Arianna della filosofia, vol. III