Il 20 dicembre 2022 il ministro della Istruzione e del Merito (mi vien da ridere solo a scrivere questo nome) on. Valditara ha emanato una circolare (la potete leggere qui) sull’uso improprio dei cellulari a scuola, circolare che ha subito conquistato, se non proprio le prime pagine dei giornali, almeno un suo piccolo spazio nella sezione “Cultura”.
Il tema è caldo, perché intercetta tutta un serie di dinamiche di lunga durata che attraversano e mettono in tensione la società italiana (e non solo): uso della tecnologia, ruolo della scuola, senso dell’esser giovani (o bambini), ruolo della famiglia, sensi di colpa degli adulti nei confronti dei figli, paura del cambiamento, crescita dei partiti di destra… Non fa specie, pertanto, che in tanti si siano messi ad esultare al solo leggere i titoli, che discendono un po’ tutti da quello dell’Ansa: “Circolare del ministro, stop ai cellulari in classe“.
Come spesso accade, però, giornalisti e commentatori si sono “gettati sul titolo”, come si dice, senza nemmeno leggerla, questa benedetta circolare. Cosa dice il documento? Prima di tutto, è sola una ripresa della analoga circolare del 2007: ripresa in senso letterale, perché il ministro (o chi per lui) non fa altro che il copia e incolla del testo di quindici anni fa, cui aggiunge solo, in allegato, la “indagine conoscitiva della 7ª
Commissione Permanente del Senato della Repubblica “sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”.
Nihil sub sole novi, quindi. Semmai, il senso della cosa va cercato nel mood culturale politico di questi mesi dopo la formazione del governo di destra.
Tuttavia, le norme son norme, e le abitudini dei burocrati di citarsi e ricitarsi in un infinito gioco di specchi non muoiono mai: e così lo stesso ministro scrive subito dopo una frase che riprende anch’essa altre frasi analoghe pubblicate in altre analoghe circolari, affermando l’opposto di quello che i titoli strillano: “È viceversa consentito l’utilizzo di tali dispositivi [scil. i cellulari] in classe, quali strumenti compensativi di cui alla normativa vigente, nonché, in conformità al Regolamento d’istituto, con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative, anche nel quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale e degli obiettivi della c.d. “cittadinanza digitale” di cui all’art. 5 L. 25 agosto 2019, n. 92.”
Insomma, molto rumore per nulla.