No fear

Bene, l’ondata sta arrivando. La linea del groppo si sta avvicinando in fretta, molto più in fretta di quanto vorremmo. Il ridosso è lontano; la scogliera, sottovento, vicina. Avremmo dovuto prepararci meglio e per tempo, visto che la tempesta era segnalata negli Avvisi ai naviganti. Non lo abbiamo fatto, almeno a livello collettivo e di governo. Adesso non ci resta che rizzare tutto sul ponte, il meglio che si può, cercando di fare tesoro dell’esperienza della scorsa primavera.

Prima di tutto, andiamo dal parrucchiere. Voglio iniziare con una cosa leggera, o che sembra leggera: in realtà tante signore e ragazze hanno sofferto per l’impossibilità di curare la propria immagine come erano abituate. Una cosa dovremmo averla capita: il virus fa quello che vuole, irridendo gli sforzi umani per contenerlo (almeno fin quando non arriverà da dietro la collina il Settimo Cavalleggeri a bandiere spiegate, ossia il vaccino). Le dinamiche delle pandemie del passato (ah, cosa vuol dire riflettere sulla storia!)  mostrano che la malattia procede ad ondate e che ce ne sono almeno tre (per lo meno così andò con la Spagnola di un secolo fa; con quelle prima andò peggio),  più o meno con lo stesso andamento. Perciò io non mi stupirei affatto se ci trovassimo in difficoltà per un paio di mesi, il che ci porta più o meno a Natale. Di qui la necessità di mettere a posto la testa (almeno in senso letterale).

Seconda cosa: sforziamoci di dare alla nostra vita dei ritmi sostenibili. Una volta sganciata dagli automatismi del lavoro o della scuola, la vita tende a frammentarsi in una serie di attimi tutti uguali: diventa perciò difficile fermarsi in quello che si sta facendo, dato che nulla dall’esterno ce lo richiede. Da qui la dilatazione abnorme del tempo lavoro o del tempo scuola segnalata da tanti nella scorsa primavera, quando le pagine Facebook erano piene dei lamenti di chi dichiarava di non aver mai lavorato così tanto. Per non finire in questo gorgo, bisogna sostituire i ritmi forniti dalle tempistiche eterodirette ed eterogenerate con ritmi scelti e costruiti da noi. Se proprio non volete prendere le app pensate apposta, almeno mettetevi una serie di sveglie a catena (a proposito, tutti i cellulari permettono di aggiungere come jingle piccoli file audio scaricati dalla rete: suoni della natura, brevi temi musicali….). Poi, certo, bisogna avere quel mimimo di forza di volontà necessario per fare quello che si era programmato… 🙂

Terza  cosa: bisognerà trovare qualcos’altro da fare. Abbiamo imparato a fare il pane, abbiamo capito come fare la pizza, le case sono state riordinate più volte: e adesso? Io personalmente leggo e scrivo, e perciò non ho problemi: il campo, pur non essendo infinto in senso tecnico, eccede di gran lunga le capacità di un singolo uomo. Capisco però che chi non è abituato a questo solitario esercizio possa essere in difficoltà: anche le serie Netflix finiranno…  Io torno a proporre i libri come medicine: a ogni sintomo manifestato può corrispondere una panoplia di titoli, per i quali varrebbe la pena scambiarsi esperienze (potete usare questo post come punto di partenza, se volete). Una volta si sarebbe detto “astenersi peditempo”, ma ora mi sa che di tempo ne avremo anche troppo.

Quarto: mettete in ordine i vostri computer. Ci piaccia o no, sono la nostra finestra sul mondo. Finché c’è un attimo di tempo verificate webcam, cuffie e microfoni. Pensate agli sfondi: fare una videocall dalla cucina sarà tanto “naive”, ma crea non pochi imbarazzi dal punto di vista della privacy. Nei film americani  si vedono già case con mini set sempre pronti per accogliere una video chiamata anche se il resto della casa è in un disordine pazzesco. Dovremo arrivarci anche noi. Almeno, imparate a caricare uno sfondo virtuale (con Zoom; con Meet mi risulta serva una estensione chrome) o almeno ad attivare la funzione “blur” in Meet (se non sapete cos’è, date un’occhiata qui). Un altro dettaglio che andrebbe curato sono le luci: quanti studenti e colleghi continuano a collegarsi tenendo alle spalle la finestra, col risultato di essere solo una nera silhoutte? Basta tenere una lapada da tavolo accesa, se non volete prendere le luci apposite). Infine,  Zoom avrà sicuramente un’altra impennata in borsa, ma in realtà ci sono molte altre soluzioni sganciate dalle solite due o tre aziende: per esempio TheBigBlueButton, integrato in MOODLE, o la versione GARR di Jitsi Meet (se non sapete cosa è la rete GARR, leggete qui. Dovreste farlo, se siete insegnanti) . A proposito, magari è la volta buona che qualcuno impararà a usare la tastiera usando tutte le dita e senza guardarla (per esempio, usando questo programma) . Se avete persone anziane, assicuratevi che anche le loro macchine funzionino. Approfittate di questi giorni in cui si può ancora uscire per fare lo SPID, se non lo avete già fatto: tutte i rapporti con la pubblica amministrazione passeranno da lì, e se non ce l’avete saranno guai (o almeno attese infinite ai numeri verdi e ai pochi sportelli ancora aperti)

Quinto: bisognerà trovare il modo di muoverci il più possibile, e non solo per non ingrassare troppo. Senza palestre, senza piscine, senza campi sportivi resteranno solo le camminate (se e fin quando si potrà) e la cyclette in casa. 

Sesto, last but not least: curarci delle persone cui siamo legati. Ci dicono che gli anziani li dovremmo visitare solo con la mascherina: e va bene (meno bene il fatto che con i miei sessant’anni a quanto pare sono passato anch’io dall’altra parte della barricata). Ma anche se saremo costretti  a stare in casa cerchiamo di chiamare gli amici, senza che ci sia bisogno di un motivo: anche questa è resistenza. 

 

Spiegazione per i lettori più giovani: Il titolo del post è una citazione, naturalmente. E’ tratta da Terminator 2: è la frase che Linda Hamilton incide con un  coltello su un tavolo di legno durante una pausa del pirotecnico inseguimento del robot che deve ucciderla, e nel contesto dell’azione filmica, vuol dire che il futuro non è già scritto e che le singole persone, con la loro libere scelte, possono ancora cambiarlo. 

 

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