La società dei consumi, Il Mulino
La tesi di partenza è quella secondo cui noi viviamo oggi, perlomeno in Occidente, una vita diversa qualitativamente da quella vissuta dalle generazioni che ci hanno preceduto. Ciò che contraddistingue la vita in Occidente oggi è l’abbondanza degli oggetti, ossia di ciò che noi stessi abbiamo prodotto in misura esponenziale grazie alle rivoluzioni industriali che si sono succedute tra il Settecento e la fine del Novecento, e che ora ci circondano anzi ci assediano: «gli uomini dell’opulenza non sono più circondati, come è sempre avvenuto, da altri uomini, ma da oggetti» [Baudrillard,1976-2010:3]
Chiediamoci ora: esistono luoghi sulla Terra dove gli uomini sono circondati da uomini e non da oggetti? Si certo, sono i cosiddetti «paesi sottosviluppati», come la Somalia per esempio: una regione particolarmente sfortunata dal punto di vista climatico in cui le persone possiedono letteralmente quasi solo quello che si vede loro addosso quando vengono inquadrate da qualche smartphone esotico o dalla macchina fotografica di qualche reporter. Probabilmente anche Haiti e il Bangladesh corrispondono a una descrizione simile. Coloro che vivono in questi paesi sicuramente non sono circondati da una profusione cuccagnesca di oggetti. Indubbiamente è difficile pensare che siano felici. Tuttavia constatiamo (perché è sotto i nostri occhi ogni momento) che l’abbondanza assoluta degli oggetti di cui godiamo in Occidente non si trasforma automaticamente in felicità.
L’abbondanza e la profusione degli oggetti si possono presentare nella forma rozza del mucchio [Baudrillard, 1976-2010:5] ma più spesso si presentano sotto forma di panoplia o collezione. Il mucchio indica semplicemente che «ce n’è per tutti» e che tutti possono accedere al possesso del bene esposto: è la nozione medievale del «paese della Cuccagna» come semplice opposto alla condizione di privazione e di assenza dei beni. Concretamente il «mucchio» è la forma di distribuzione dei supermercati economici, dove con la scusa di limitare al massimo i costi si rinuncia a ogni forma di presentazione sofisticata della merce e gli oggetti vengono semplicemente accatastati, nel modo più semplice possibile, alla vista per essere scelti.
Ma, nota Baudrillard, «pochi oggetti sono al giorno d’oggi offerti soli, senza un contesto di oggetti che li ponga in risalto. E la relazione del consumatore con l’oggetto ne è modificata: egli non si riferisce più a quell’oggetto nella sua utilità specifica, ma a un insieme di oggetti nella loro significazione totale» . Nasce cioè una sorta di «superoggetto» che nasce dalla interazione dei significati dei singoli oggetti in vendita che sono posti in relazione strutturale tra loro e che si rimandano l’un l’altro. Non si tratta più di «comprare e basta» per soddisfare in maniera illusoriamente definitiva un bisogno (ho bisogno di un chilo di pasta: ne compro dieci come se sperassi di non doverne comprare più) o, in modo più sofisticato, per dimostrare a se stessi e agli altri di avere la possibilità di farlo (quel certo gadget, diciamo un orologio di marca, in realtà non mi serve: ma se lo compro significa che avevo il potere di comprarlo. Ostentandolo con gli amici o i colleghi faccio prima di tutto capire che avevo questo potere, e ciò modifica automaticamente le gerarchie all’interno del gruppo): a questo livello si tratta di entrare a far parte della costellazione di significati che sono veicolati dagli oggetti e che formano un tutt’uno ideale.
Questo modo di ragionare è molto evidente nelle pubblicità patinate di certi beni di lusso, come per esempio il whisky di marca: la bottiglia non è mai presentata da sola, ma sempre in un contesto sofisticato che comprende un ambiente lussuoso (per esempio un loft o un campo di golf: non avrebbe senso immaginare di bere una bottiglia da 30 euro in una fiera paesana davanti a un hamburger malcotto su un ripiano di formica), belle donne, segni evidenti del successo. Questa struttura di segni dice, in modo implicito: «manchi solo tu (ossia: tu che stai guardando), ma se vuoi puoi inserirti almeno simbolicamente in questo mondo fatato… oh guarda un po’: basta comprare questa marca di whisky per far parte di questo ambiente. Che cosa aspetti allora?»
Il punto di arrivo di questo processo sono i grandi centri commerciali, dove in modo articolato viene offerta una «esperienza di vita alternativa» che spazia dall’acquisto di oggetti al mangiare alla visione di un film alla manicure o al parrucchiere. Baudrillard nel 1976 indicava una esperienza francese all’avanguardia (all’epoca): il centro commerciale di Parly2, che oggi ci apparirebbe un normalissimo centro commerciale.